Lo Śrīmad Bhāgavatam è Kṛṣṇa in forma di libro
di Srila Bhakti Sudhir Goswami Maharaj
Ciò che dovremmo capire, prima di tutto, è che c’è solo e sempre Kṛṣṇa. Non c’è in realtà qualcosa che sia non-Kṛṣṇa. Solo relativamente parlando possiamo concepire un non-Kṛṣṇa. Come diceva a volte Guru Maharaj: «Convertite il non-Kṛṣṇa in Coscienza di Kṛṣṇa». Questo è il tema principale dello Śrīmad Bhāgavatam.
Kṛṣṇa – come ci ricordano Srila Prabhupāda, Srila Guru Maharaj e tutti gli altri –, non è da solo. Quando diciamo che c’è solo e sempre Kṛṣṇa, l’idea non è di questo Dio che se ne sta da solo e poi comincia a creare le cose. Quando diciamo Kṛṣṇa, Prabhupāda amava dare l’esempio del re: il re implica la regina, l’entourage, il regno, molte cose. Un re non esiste nel vuoto. Allora che dire di Kṛṣṇa. Quel Kṛṣṇa – “idaṁ bhāgavataṁ nāma / purāṇaṁ brahma-sammitam” (SB 02.01,08) -, in realtà nel testo è detto che questo libro è Kṛṣṇa, è Kṛṣṇa nella forma di libro, è Kṛṣṇa nella forma del Purāṇa, il che è una cosa inconcepibile e meravigliosa.
Tra i nomi, diciamo, favoriti di Kṛṣṇa – Guru Maharaj a volte ce lo ricordava – c’è Adhokṣaja. Molto spesso Kṛṣṇa è chiamato Adhokshaja nel Bhāgavatam, un nome che indica che è oltre ciò che i sensi possono percepire. Eppure i sensi purificati lo possono percepire. Senza ribattere che Egli è oltre i sensi e quindi è un qualche concetto senza forma, astratto, sostanza non esistente. Non è così, sarebbe troppo facile, in realtà, e noioso, monotono. La concezione convenzionale del Tutto è “monotonia”.
Veda Kalpavriksha produce il Veda Puṣpa, l’albero ed il fiore. Ed a me piace dare l’esempio dell’albero di mango, dove c’è anche un fiore ed il fiore è considerato l’essenza floreale che dà il frutto, il mango. Lo scopo dell’albero di mango è di produrre mango, e pensarlo in un altro modo è erroneo. Si può pensare di seguirlo, ci sono molte radici che vanno in molte diverse direzioni. Vero, ma c’è una sola cosa che sta succedendo lì. Poi c’è il tronco ed i rami, ed un ramo va da una parte, un altro ramo va da un’altra parte e vediamo che un ramo ha molti altri sotto-rami. Allora pensiamo, uno va da una parte, uno va dall’altra. Nei Veda, c’è un ramo che va da una parte, c’è un altro ramo che va da un’altra parte e poi ci sono tanti altri sotto-rami, e questo ci confonde se non sai qual è lo scopo del Veda Kalpavriksha: produrre questo frutto, come lo scopo dell’albero di mango è di produrre il mango.
nigama-kalpa-taror galitaṁ phalaṁ
śuka-mukhād amṛta-drava-saṁyutam
pibata bhāgavataṁ rāsam ālayaṁ
muhur aho rasikā bhuvi bhāvukāḥ
(SB 1.1.3)
Nel Prayojana Tattva sloka, il terzo… Guru Maharaj diceva a volte, che Vyasa scrive questi tre śloka e poi li pubblica, li mette sul mercato: il Bhāgavatam. Ma nel terzo sloka – come rivelato da Svarup Damodhar a Bhaktivinod Thakur – lo troviamo nel Sri Bhagavata Arka-marici-mala: concepire il primo śloka come sambandha, il secondo abideya, il terzo prayojana. Parayojana significa “il frutto”, l’obiettivo, la necessità. Allora cos’è? Il Veda Kalpavrjksha ha molti rami ed alcuni vanno in direzioni opposte agli altri. Davvero, non fatevi confondere, è tutto un sistema unificato con questo solo scopo nella mente, un solo scopo nella mente: produrre questo frutto, il frutto pienamente maturo della letteratura vedica. Questo è lo Śrīmad Bhāgavatam.
Qual è questo frutto? Madhura rāsa. I passatempi nel Madhura rāsa dello Śrīmad Bhāgavatam. Il suo scopo è di portarci dal mondo dei giochi di prestigio ontologici, intellettuali, al dominio del rāsa.
Il decimo Canto – dicevamo, come il corpo di Kṛṣṇa: il Secondo Canto è come i piedi di loto di Kṛṣṇa – è la faccia sorridente di Kṛṣṇa, il rāsa līlā, il bellissimo viso sorridente di Kṛṣṇa, come indicato anche nella Shri Kṛṣṇa Karnamrutam di Shri Bilvamangala Thakur:
madhuram madhuram vapur asya vibhor
madhuram madhuram vadanam madhuram
madhu gandhi mrdu smitam etad aho
madhuram madhuram madhuram madhuram
( Bilvamangala Thakur “Kṛṣṇa Karnamrta” – 92)
Dice quanto è dolce Kṛṣṇa nella forma divina, è come una festa per gli occhi. Come abbiamo sentito recentemente, le gopī, vedendo la forma di Kṛṣṇa, desiderano avere dieci milioni di occhi sempre aperti per vedere la bellezza di Kṛṣṇa. Così è come la comprendiamo, in una sorta di modo indiretto.
yam shyama-sundaram achintya-guna-svarupam
(Brahma Smahita)
Shyamasundar, Kṛṣṇa, tribhanga-lalitam. Quanto Lui è bello? Subito dopo averLo visto, desiderano avere il cuore… sinceramente, esprimono il desiderio di avere dieci milioni di occhi sempre aperti, perché il battito di ciglia è una separazione da Kṛṣṇa intollerabile per loro. Non c’è niente del genere descritto da altre parti. Qualsiasi altro sistema teistico o ateo, non contiene descrizioni come questa. Ma nella Coscienza di Kṛṣṇa si esprime ciò che è nel cuore delle vraja-gopi.
Dunque, Visvanatha Chakravarti Thakura, in modo meraviglioso e succinto condensa tutto ciò in uno śloka:
aradhyo bhagavan vrajesa-tanayas tad-dhama vrndavanam
ramya kacid upasana vraja-vadhu-vargena va kalpita
Guru Maharaj dice qui:«Non c’è alcuna forma superiore di adorazione» – e queste sono le parole di Guru Maharaj – «di quello che fu inventato dalle vraja-gopi». Mi piace che lo abbia detto: loro lo anno inventato! Hanno inventato la Coscienza di Kṛṣṇa, ed è vero. Lui non parla dei grandi muni e dei saggi, no. Lui dice che – queste ragazze, queste adolescenti di Vrindavana -, non c’è un modo più elevato di adorare l’Entità Suprema di quello che viene espresso dal loro cuore.
Questo vale, detto dai grandi saggi che tutti rispettano, che sono così importanti e realizzati, esperti della comprensione vedica. Nel Mahābhārata, Bhīṣmadev canta le glorie delle vraja-gopi. Il grande generale Bhīṣmadev che ha ucciso tanti uomini in innumerevoli battaglie e sa tutto della conoscenza e comprensione vedica, trova il tempo, durante la sua scomparsa su un letto di frecce, di lodare i passatempi di Sri Kṛṣṇa e delle vraja-gopi.
Questo Bhāgavatam ha lo scopo di produrre questo frutto. Ci vogliono nove Canti di antefatti per arrivarci, ma questo è il suo scopo.
Dunque Guru Maharaj, specificando ulteriormente, con la sua collezione di śloka – simile al Sri Bhagavata Arka-marici-mala di Bhakti-vinoda Ṭhākura dove egli scrisse il praṇāma di Gadhadar, il praṇāma di Vyas – e scrive questo:
yad amiya-mahima-sri-bhagavatyam kathayam
pratipadam anubhuta chapy alabdhabhidheya
tad akhila-rāsa-murteh syama-līlāvalamba-
madhura-rāsadhi-radha-padapadmam prapadye
Benché il Suo nome non sia menzionato chiaramente nelle pagine, ma per allusione – non illusione ma allusione.
Tra l’altro Bhakti-vinoda Ṭhākura, nel suo Bhagavata Arka-marici-mala, in quei versi dove, in modo criptico dice che una gopi ha detto questo poi un’altra ha detto quello – quando sentono la separazione da Kṛṣṇa -, lui sta identificando chi sono loro. Il Bhāgavatam direbbe solo che una gopi è venuta e ha detto questo, poi un’altra gopi. Quando diciamo: «Perché tutta questa segretezza? Perché non dirlo chiaramente?». Questo ci mostra quanto confidenziale sia l’argomento dello Śrīmad Bhāgavatam ed esoterico, intimo. Benché Sukadeva Goswami stia parlando in questa assemblea di saggi che vengono da tutto l’Universo – sono straordinari, con i loro poteri yogici mistici sono in grado di venire da qualsiasi luogo dell’Universo, rappresentanti di tutte le diverse scuole di pensiero -, ciò che lui dice non possono digerirlo del tutto.
Come Guru Maharaj dice – ed è all’inizio del Bhāgavatam -, siccome i saggi che si sono riuniti stanno ascoltando Suta Goswami che gli sta dicendo chi è Sukadeva Goswami e Parīkṣit Maharaj -, loro vogliono sapere come questo Bhāgavatam è stato originariamente esposto e poi la presentazione di Nārada a Vyasa.
Nārada dice a Vyasa:«Jugupsitaṁ dharma-kṛte ‘nuśāsataḥ» (SB 1-5,15).
In nome del servizio all’umanità, hai inavvertitamente prestato il più grande disservizio dando loro la religione. Quindi questi libri religiosi – comincia in questo modo dicendo: cos’ha rovinato tutto? La religione. Diremmo che è un’affermazione oltraggiosa, ma ciò che intende più specificatamente è che dando alle persone principi religiosi per regolare le loro vite in questo mondo, loro staranno qui per sempre e nessuno vorrà mai abbandonarlo, e se glielo fai presente risponderanno che stanno seguendo quello che Vedavyāsa dice di fare; c’è un’autorità più grande di Vedavyāsa che può dir loro cosa altro fare?
Per questo motivo Nārada dice a Vedavyāsa che soltanto lui può rimediare. Qual è il problema? Di nuovo, involontariamente, non era sua intenzione: ne è stato solo fatto un uso sbagliato. Si fa qualche menzione a Kṛṣṇa ed a Rādhārāṇī, ma le persone non hanno capito le possibilità della Coscienza di Kṛṣṇa, da quello che tu hai dato. Loro pensano solo ad avere una vita buona in questo mondo, a regolarsi secondo i principi della religione ed anche – siccome non hai vividamente descritto le possibilità di relazione d’amore nel mondo spirituale, incluso madhura rāsa – ne trarranno la conclusione che siamo tutte bambole da gioco nelle mani di Cupido, l’eros, e che non c’è eros in quel mondo astratto ed impersonale. Dunque, l’unica strada per l’espressione dell’eros è questo mondo e siamo, senza poterci fare nulla, sotto l’influenza del principio erotico e quindi, perlomeno, diamoci una regolata secondo i principi religiosi enunciati da Vedavyāsa e reperibili nella letteratura vedica, o nel Dharma.
Dunque, questo Bhāgavatam, nello śloka iniziale… ma giusto per concludere questa cosa, in quel verso Guru Maharaj dice che benché il nome di lei non sia mai menzionato ed ai saggi venga detto qui, all’inizio, che Nārada rimprovera Vyāsa per aver dato la religione al mondo. Allora torniamo al Decimo Canto, e dunque qual è la nuova religione: è questo passatempo di Sri Kṛṣṇa, Rādhārāṇī e le vraja-gopi. Quidi ciò che sembra ostentatamente essere immorale – dunque, dovremmo rimpiazzare la religione con l’immoralità dell’Entità Suprema? Per loro è troppo.
Guru Maharaj una volta disse che il sentimento di molti saggi fu che, una cosa per noi è accettare che la Suprema Entità sia un uomo –
kṛṣṇera yateka khelā, sarvottama nara-līlā,
nara-vapu tāhāra svarūpa
gopa-veśa, veṇu-kara, nava-kiśora, naṭa-vara,
nara-līlāra haya anurūpa
(CC Madhya-lila 21.101)
– ed i passatempi apparentemente umani sono perfetti per la concezione centrale dell’Infinito, che è una dimensione simile a quella umana ma senza le limitazioni dell’essere umano, questa è la differenza.
Trascrizione dal Video (fino al minuto 20:43): https://youtu.be/_QlQXk_mcww
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