Il nostro Srila Guru Maharaj, citando uno śloka della Bhagavad-Gita, diceva:
indriyāṇi parāṇy āhur
indriyebhyaḥ paraṁ manaḥ
manasas tu parā buddhir
yo buddheḥ paratas tu saḥ
(Bhagavad-Gita 3.42)
Ossia, per dirla semplicemente, Kṛṣṇa ci aiuta a localizzare l’anima dicendo… nei termini della nostra percezione, percepiamo il mondo materiale, gli oggetti dei sensi: noi vediamo, sentiamo, gustiamo, tocchiamo, annusiamo, percepiamo, ecc.
Dunque, c’è il mondo osservabile che osserviamo con i nostri diversi sensi.
Allora in questo śloka della Bhagavad-gītā, Kṛṣṇa dice: «Indriyāṇi parāṇy āhur
indriyebhyaḥ paraṁ manah». Superiore agli oggetti dei sensi, alle cose che si possono vedere, gustare, toccare, annusate, ecc. sono i sensi, gli strumenti della percezione dei sensi. Superiore a questi è la mente. La mente è il seme dell’esperienza dei sensi, la mente ci consente di vedere o ascoltare.
Se qualcuno è preso dai propri pensieri e chiamiamo il loro nome, non rispondono. Possiamo dire letteralmente che il loro “udito è in ascolto”, voglio dire che non è difettoso, ma non c’è un vero ascolto perché la persona è assente: «Oh, non ho sentito che mi stavi chiamando». Benché la si stava chiaramente chiamando.
Allora la mente è il seme dell’esperienza dei sensi. Guru Maharaj diceva anche che è il seme delle attività karmiche, in quanto non è tanto l’attività compiuta quanto l’intento. Ma comunque qui Kṛṣṇa sta dicendo che superiore, più elevata, più elevata e superiore agli oggetti dei sensi sono i sensi, più elevata, più raffinata, è la mente.
Manasas tu parā buddhir, più elevata della mente è l’intelligenza. E questo è a volte il punto a cui Guru Maharaj dà risalto rispetto al prākṛta-sahajismo dicendo che non possiamo, o le persone che non possono adeguatamente distinguere tra la propria mente e la loro intelligenza pensano di stringere il mondo del Paramātmā nel loro pugno.
Dunque più raffinata, superiore alla mente è l’intelligenza che a volte noi chiamiamo “fattore discriminante”, “capacità di giudicare”; il modo per misurare, analizzare cos’è desiderabile e cosa non è desiderabile. Benché la mente ed i sensi possano volerci portare giù per un certo percorso, l’intelligenza sopraggiunge e dice: «No! Non farlo». Dunque, è il fattore discriminante, giudicante.
L’ātma
Yo buddheḥ paratas tu saḥ,e poi Egli dice: «L’anima è ancora più sottile». Allora se guardiamo a questo tipo di analisi, in una visione d’insieme, possiamo dire che si sta procedendo dal grossolano al sottile.
Cosa impariamo dall’ingegneria genetica? Guru Maharaj lo capì e ne fece menzione, in modo delicato, e disse: «Potrebbero prendere del materiale genetico da Napoleone», è noto che Napoleone soffrisse di emicrania, allora Guru Maharaj disse: «Potrebbero prendere del materiale genetico, potrebbero clonarlo, fare un altro Napoleone quando si scoprirà una cura per l’emicrania».
Racconto questo per dire, cosa possiamo imparare noi da questo con uno sguardo d’insieme? L’identità, o il sé, o, in questo caso, l’ātma, l’anima, è localizzata in un piano molto sottile. È questo che ci dice. La vera identità è, nella clonazione dell’ingegneria genetica, cercata nel DNA, ma è perfino più sottile. È così anche nella Gītā.
Bālāgra-śata-bhāgasya śatadhā kalpitasya ca bhāgo jīvaḥ sa vijñeyaḥ sa cānantyāya kalpate (Śvetāśvatara Upaniṣad 5.9), prendere un capello e dividerlo in cento parti, e ancora cento parti, e ancora cento parti. Non dobbiamo prenderlo alla lettera, ma sta ad indicarci quanto è piccola l’anima, l’ātma, che dà vita alle mosche, alle zanzare, agli insetti, che dà vita ai corpi degli esseri umani, che dà vita al corpo di un elefante;
Āścarya-vat paśyati kaścid enam (Bhagavad-Gita 2.29), nella Gītā, si dice che l’anima è meravigliosa, sorprendente, incredibile che la stessa ātma che può dare vita alla zanzare può dare vita all’elefante. Allora, si va dal punto più fine nel mondo oggettivo, fino a, in confronto, una collocazione grossolana nel mondo super-soggettivo.
Vaikuṇṭhera pṛthivy-ādi sakala cinmaya (CC Ādi 5.53), tutto il mondo spirituale è cinmaya; chiamiamo Brahmā, Brahmā Jyoti, le singole unità di coscienza. A volte Guru Maharaj diceva che le jīva, sono in un indifferenziato strato di coscienza uniforme.
La terra dei guru
Ma il mondo spirituale, sappiamo dalla Chaitanya Charitamrita, vaikuṇṭhera pṛthivy-ādi sakala cinmaya, dove perfino il terreno è cosciente spiritualmente. Da qualche parte, Srila Guru Maharaj lo ha descritto come “la terra dei guru” o “il mondo dei guru”. Il terreno stesso occupa una posizione superiore; guru in questo senso, superiore.
Proprio come quando c’è un altare, è offensivo toccare con i piedi qualsiasi cosa sia sacra, è offensivo calpestare l’altare. Ma può succedere, per necessità di servizio, di camminare sull’altare, ciò che è sacro: fare un passo verso il piano sacro.
Allora Srila Guru Maharaj diceva, quel mondo dei guru dove il terreno stesso ha a cuore i tuoi interessi; l’opposto di qui, dove il terreno stesso può essere una minaccia per la vita; l’ambiente qui potrebbe essere una minaccia per la nostra vita: l’aria, l’acqua, il suolo possono essere una minaccia per la vita. È l’opposto di là, ogni cosa ha a cuore il tuo interesse. Ma come camminare su quel piano? Solo per necessità di servizio.
Allora, all’inizio di questa risposta, a proposito di quanto detto da Guru Maharaj, il piano dell’anima, quel piano dell’anima, lui lo descrive come sraddha-mayo ‘yam loka, seva-mayo ‘yam loka. Ciò che lo distingue è l’esigenza di servizio e lo sviluppo della fede ed il donarsi: atma-nivedanam, offrire sé stessi. Ciò che distingue l’atmosfera inferiore del mondo spirituale dal piano aprakrita di Goloka, la dimora di Krishna, è lo sviluppo della fede. Persino in un mondo dove tutti sono fedeli e dedicati, c’è tuttavia una gradazione.
Nel decimo canto dello Śrīmad Bhāgavatam, c’è Krishna nato a Mathura da Vasudeva e Devaki, trasferito a Nanda Gokula, presso Nanda e Yasoda. In genere non dovremmo analizzare i servitori più elevati, ma a volte i nostri acharya lo hanno fatto per aiutarci ad avere una corretta valutazione del mondo spirituale.
Allora, dopo che Kṛṣṇa ha ucciso Kamsa, Kṛṣṇa e Balarāma si scusano con Vāsudevae Devaki per aver trascorso tutta la propria infanzia con Nanda e Yaśodā a Vrindavana, lasciando sottintendere che se le cose fossero andate diversamente, avrebbero passato la propria infanzia con loro.
Brahmā che rapisce i pastorelli
Quando nella Brahma-vimohana Lila si dice che per un anno, dopo che Brahmā ha rapito i pastorelli, benché fosse un minuto a Brahmaloka sulla terra era passato un anno, che per un anno, e ciò mostra la possibilità che più di una persona possa fare esperienza del vātsalya-rasa nello stesso modo in cui lo fa Yaśodā, per un anno quelle madri hanno come loro figlio Kṛṣṇa. È una cosa molto misteriosa.
Di solito loro conoscono il tipo di amore che hanno per i loro figli e il tipo di amore che hanno per Kṛṣṇa. E benché si dovrebbe amare di più i propri figli, sapevano nei loro cuori che in qualche modo avevano dell’amore speciale extra per Gopal. Ma poi con sorpresa, loro sentirono quell’amore speciale che provavano solo per Gopal, per i loro stessi figli.
Non potevano spiegarsi il perché. Quindi per un anno si presero cura di questi figli. Visvanath Chakravarti Thakur evidenzia che Devaki solo molto brevemente… perché Kṛṣṇa fu trasferito quando era un neonato. Quindi, volendo fare un confronto tra le posizioni di Devaki e di Yaśodā, egli mostra la posizione superiore di Yaśodā. E poi dice che questo è abbastanza, non possiamo parlarne oltre ed io non dirò altro perché è inopportuno analizzare queste cose all’estremo, ma è per sapere che c’è una graduazione; questo è quanto possiamo capire e Srila Guru Maharaj enfatizza sempre questo punto.
Essere come un filo d’erba
Quando ogni giorno… Karthik si è concluso recitando lo Śrī Śikṣāṣṭakam; Guru Maharaj sottolinea come nel quinto verso si dica:
ayi nanda-tanūja kińkaraḿ
patitaḿ māḿ viṣame bhavāmbudhau
kṛpayā tava pāda-pańkaja-
sthita-dhūlī-sadṛśaḿ vicintaya
Qui Mahaprabhu sta dicendo: benché io sia Kṛṣṇa-kińkara, il tuo eterno servitore, in un modo o nell’altro sono sopraffatto dall’illusione e sto affogando in un oceano di nescienza. Lui sta implorando di avere anche la più bassa delle posizioni nel piano spirituale. Kṛpayā tava pāda-pańkaja sthita-dhūlī-sadṛśaḿ vicintaya: se io potessi diventare una particella di polvere ai tuoi piedi di loto. Così si esprime, ed è tematicamente coerente con quanto espresso da tutti i grandi devoti, da Brahmā; le conclusioni di Brahmā nella Brahma-vimohana Lila sono:
tad bhuri-bhagyam iha janma kim apy atavyam
yad gokule ‘pi katamanghri-rajo-‘bhisekam
Egli vuole essere una pianta rampicante, un filo d’erba a Vrindavana così da poter ricevere la polvere dai vrajabhasi. Di nuovo: vaikuṇṭhera pṛthivy-ādi sakala cinmaya. Vuole una presenza minuscola in quel piano. Successivamente, molto simile ma molto più raffinato, il sentimento espresso da Uddhava:
asa maho charanarenu jasha mahamsha vrndavane kimalatopi guna alato sadinam yaddushta jam arjapatam chahiddva bejur mukunda parabin srutibhir vimrikyam
Diventare un filo d’erba, una piante rampicante o qualcosa del genere, cosicché quando le vraja-gopi si muovono su quel piano di servizio, il seva-mayo ‘yam loka, un po’ della polvere dei loro piedi di loto possa cadere sulla sua testa, in modo tale da consacrare la sua esistenza. Questa è la sua preghiera. Kita-janma hau jatha tuwa das bahir-mukha brahma-janme nahi as: un insetto, di nuovo, una presenza minuscola.
Aspirazioni illimitate di servizio
Mentre il Mahāprabhu descritto nello Śikṣāṣṭakam, è sì Mahāprabhu, ma è Mahāprabhu che echeggia i sentimenti di Śrīmatī Rādhārānī stessa. Guru Maharaj vi si riferisce come “eruzione vulcanica”, un flusso di lava dal cuore, pregando per la posizione minore, in quello śloka con Kṛṣṇa-kińkara. Ma, dice poi Guru Maharaj, venendo in contatto con i piedi di loto di Kṛṣṇa allora avviene la trasformazione, la bacchetta magica dei piedi di loto di Kṛṣṇa trasforma. E poi… quel devoto pregava per la posizione più bassa ma una volta che questa è garantita, che questo desiderio è soddisfatto, per una qualche connessione con il servizio, siccome è stato trasformato, anyābhilāṣitā-śūnyaṁ jñāna-karmādy-anāvṛtam (Bhakti-rasāmṛta-sindhu 1.1.11), non ci sono più neanche tracce di karma e jñāna. Si parla di pura devozione, śuddha-bhakti, ed ora ha aspirazioni illimitate di servire. All’inizio pregava per la minima connessione, ma una volta che questa è garantita, che Kṛṣṇa la concede, allora c’è una differenza categorica; adesso ha desideri illimitati di servire.
‘Dāsa’ kari’ vetana more deha prema-dhana (CC Antya 20.37), la preghiera dei devoti è… il loro vetana, il loro salario, è Kṛṣṇa-prema. Allora quando l’interesse viene dal servizio… Guru Maharaj impiega il concetto di “interesse composto”: si prende l’interesse che è si è accumulato con il servizio ed il capitale di servizio si espande, continuamente come in un ciclo.
Īhā yasya harer dāsye karmaṇā manasā girā nikhilāsv apy avasthāsu jīvan-muktaḥ sa ucyate (BG 5,11); Rupa Gosvami dice che se un’anima in questo mondo può trasformare il proprio karmaṇā manasā girā , o le loro attività, i loro pensieri, le loro parole in śravaṇaṁ, kīrtanaṁ: servire Kṛṣṇa, glorificare Kṛṣṇa; allora, perfino in questo mondo possono essere liberate: jīvan-muktaḥ sa ucyate.
Connettersi con il piani dell’anima
Allora, quando Srila Guru Maharaj dice che ci dovremmo connettere con il piano dell’anima, non intende in senso astratto. Come nel Gāyatrī : dhīmahi, non è un ordine ma è più di un suggerimento a meditare, non significa in modo astratto. Il piano dell’anima, il mondo spirituale non è da pensarsi come una cosa astratta, e meditare non vuol dire farlo in maniera passiva e astratta; dhī implica usare la propria intelligenza per servire.
Bhūmir āpo ’nalo vāyuḥ khaṁ mano buddhir eva ca ahaṅkāra itīyaṁ me bhinnā prakṛtir aṣṭadhā (BG 7,4), terra, acqua, fuoco, aria, etere, mente, intelligenza ed ego: questi sono gli otto elementi del mondo materiale. Apareyam itas tv anyāṁ prakṛtiṁ viddhi me parām jīva-bhūtāṁ mahā-bāho yayedaṁ dhāryate jagat, e jīva, l’anima, è al disopra di questi otto. Dunque, non dovrebbe essere confusa con la mente, l’intelletto e l’ego; la cultura spirituale non è una questione di ricondizionare gli elementi materiali; mente, intelletto ed ego; ma piuttosto essi devono essere dissolti. Quando gli strati materiali dei pregiudizi acquisiti e delle tendenze acquisite svaniscono, allora l’anima vera e propria si rivela come un ego da Kṛṣṇa-das.
Jivera ‘svarupa’ haya krsnera ‘nitya-dasa (CC Madhya-lila 20.108), sono un eterno servitore di Kṛṣṇa, con illimitate aspirazioni di servizio e la mente, l’intelligenza, ogni cosa è usata esclusivamente per servire Kṛṣṇa.
Il mantra di domani, quando menzioneremo lo śloka della Caitanya-caritāmṛta: kṛṣṇa-mantra haite habe saṁsāra-mocana kṛṣṇa-nāma haite pābe kṛṣṇera caraṇa. Kṛṣṇa-mantra, mana-tra, rilasciare, liberare la mente da una mentalità mondana, dalla speculazione mentale, e consentirci l’accesso nel dominio del servizio positivo. Kṛṣṇa-nāma haite pābe kṛṣṇera caraṇa, si raggiungerà il servizio ai piedi di loto di Kṛṣṇa.
Fonte:
Trascrizione di una lezione di Srila Bhakti Sudhir Gosvami Maharaj nel video sottostante fino al minuto 23.20.
Foto Copertina: Infiniti Media
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